Shiva e Babubhai: uno non esisterebbe senza l’altro, anche se Shiva non ricambia mai il gesto di saluto di Babubhai, quando ogni giorno si incontrano alle tre in punto.
Shiva è un ladro, al suo ultimo colpo, con tanti di occhiali, baffi e pistola. Sicuro di sé. Babubhai invece fa il suo lavoro di grande responsabilità senza mai sedersi, con modi frenetici: carica la pellicola successiva in un proiettore mentre l’altro è in funzione.
Guido Bollino è nato ad Alessandria nel 1982. Fotografo e scrittore, alterna la sua attività tra studio fotografico, reportage e narrazione. Ha vissuto ad Alessandria, Bologna, Torino e Valsad (India). Si sporca ormai da anni le mani d’inchiostro e di soluzioni per sviluppo fotografico.
Articolo originale tratto da Indianaut e disponibile a questo indirizzo.
Shiva e Babubhai si sono incontrati alle tre, puntuali, come ogni giorno da più di un mese a questa parte, forse due. Come ogni giorno, domeniche comprese, sole o pioggia che ci sia, si sono trovati uno di fronte all’altro.
Babubhai ha salutato come sempre con un cenno e Shiva è sembrato non essersi nemmeno accorto di lui.
Tutto normale, fa sempre così. Fanno sempre così.
E pensare che senza l’uno non esisterebbe l’altro, almeno qui. Eppure nessuno dei due sembra volerlo ammettere.
Shiva è un ladro. E si è cacciato di nuovo nei guai, ma questa volta sul serio. Shiva corre, scappa tenendo una bambina fra le braccia che piange e si nasconde scomparendo in quell’abbraccio.
Doveva esserci una borsa piena zeppa di soldi in quel bagagliaio e invece c’era lei, Chinki, piccola, silenziosa e in lacrime. Mentre la guardava incredulo aveva sentito il primo sparo.
Non poteva lasciarla lì. Forse l’avevano incastrato, forse questa volta aveva pestato i piedi alla persona sbagliata.
E dire che doveva essere il suo ultimo colpo. Scappa e pensa quella promessa, l’ultimo colpo. Chissà dove sarà Paro ora, chissà se la rivedrà.
Paro è riuscita a farlo mentire come mai aveva fatto prima e l’ha fatto essere sincero come non credeva di poter essere.
Shiva non era riuscito a dirle di essere un criminale per paura di perderla e poi aveva deciso che un criminale non lo sarebbe più stato.L’avrebbe fatto per lei, per loro.
Shiva è braccato, gli spari si fanno sempre più vicini, gli sono alle calcagna. Continua a correre tra i vicoli, cambiando continuamente direzione per disorientarli ma non sembra funzionare.
Finché, dopo l’ennesima svolta, si trova in uno spiazzo, ora è circondato.
Sembra che sapessero già che la sua corsa sarebbe finita lì e lì lo stessero aspettando. Gli si avvicinano, hanno spranghe e catene.
Nei suoi occhi si vede il luccichio di quel metallo agitato in aria e si vede l’ultimo bacio dato a Paro.
Non riusciranno ad averlo tanto facilmente. Gli si fanno addosso uno alla volta e lui, tenedo Chinki stretta a sé riesce a mandarli al tappeto, uno dopo l’altro.
Non avevano davvero capito con chi avrebbero avuto a che fare. Anche se da domani la sua vita sarà un’altra lui è pur sempre Shiva il più astuto e forte dei ladri.
Occhiali a specchio e baffi neri come la sua pistola.
Babubhai in tutta quella confusione, tra minacce, spari, pugni, urla, è rimasto al suo posto come non stesse succedendo proprio nulla.
Canottiera bianca, sguardo concentrato e barba malfatta. Non sarà certo l’ennesima sparatoria a distrarlo.
In anni di lavoro di scene come quella ne ha viste a migliaia. L’unica emozione che tradisce quando guarda per un istante Shiva è racchiusa tutta in uno sbuffo che sa un po’ di noia e un po’ di sufficienza.
I due continuano a ignorarsi.
Babubhai è metodico, segue un ordine preciso nei suoi gesti. E come potrebbe sennò.
Tra il caldo e quel chiasso non ci si più tanto distrarre. Mestiere difficile il suo, a ben vedere più che difficile ingrato.
Perché non è solo Shiva a dipendere da lui ma sono in parecchi che dovrebbero ringraziarlo e invece non lo conoscono nemmeno. E finché lui non sbaglia nessuno si accorgerà della sua presenza, nel suo mestiere bravura fa rima con invisibilità.
Ma se solo facesse un errore non faticherebbe molto a trovarsi più di cento persone pronte a scagliarsi contro di lui. Lo sa.
E col tempo ha imparato prima ad accettare poi ad apprezzare quel suo anonimato. Ha una tazza di tè poggiata su una mensola a cui dedica appena l’attenzione di un sorso ogni volta che può fermarsi un istante.
Non si siede quasi mai, continua a rimbalzare tra le due vecchie Cinefones a cui deve badare, fregandosene del caldo che emanano e della polvere, armeggia con le manopole e con gli indicatori, sempre pronto a correggere ogni imperfezione.
Perché lui sa, in cuor suo, che Shiva non sopporterebbe mai di finire fuori fuoco.
Tra quelle due vecchie macchine che occupano la maggior parte dello spazio nella saletta, Babubhai cammina frenetico e carica la pellicola successiva in un proiettore mentre l’altro è in funzione.
Sono arnesi che come lui hanno superato i cinquant’anni e montano bobine da non più di dieci minuti.
Così di tempo ne rimane davvero poco tra il dover riavvolgere la pellicola, riporla, caricare quella successiva e controllare che il proiettore non s’inceppi.
Alla prossima puntata!
Tutte le immagini sono tratte dall’articolo originale